I labirinti di Tentolini
Ho il piacere e il travaglio di ascoltare le preparazioni attente di Tentolini. In percorsi tortuosi la sua è una Ricerca che rasenta l’autopunizione,accurata, sacrificante, penitente. Tentolini ha ancora la voce del Silenzio che autodemolisce ogni volta le proprie convinzioni, lasciando a bocca aperta: testimone di estreme ed immediate modestie di quella realtà che funziona purché semplice, autentica. La sua è una ricerca che procede per archetipi, ogni volta individuati nell’universo imagopoietico di riferimento presente in ogni cultura. Ritagli come fotografie di attimi nel corpo, che riappare, eterne resurrezioni, in una visione di senso unitario, diventando per questo sistema di simbolo e - dunque non è poco - trasmissione del sapere. Si creano così labirinti che sono processi reali: discipline alchemiche che hanno come fine supremo la risoluzione armonica di ogni dualità, pluralità, sino ad uno sviluppo unitario della conoscenza possibile. In questo sta la forza e la richezza del suo carattere operativo; egli non formula solamente, realizza teorizzando. Tratta di un’opera, non di dialettica filosofica: il lavoro reiterato come stile nell’inestimabile, sacro rispetto del prodotto finale che, coscienziosamente, sta da sempre nel processo di Ricerca. Le sue, come percorsi, sono opere di un sistema simbolico definitivo, ed allo stesso momento irrisolto: suggerisce rapìto dalla soluzione un atteggiamento titanico che gli consente, semplice uomo, di farsi demiurgo del proprio microcosmo, disponente creatore delle fasi del tempo e degli attimi della materia nel suo caos. Sarebbe fuorviante pensare come un tale meccanismo del sapere non debba avere un riscontro operativo finale. Come la ricerca e il lavoro ipnotizzante del “laboratorio tentolini” risulterebbe riduttivo se inquadrato come semplice utilizzo e aggiornamento dell’aspetto sperimentale. Questa tensione speculativa sulla luce, le atmosfere drammatiche ricolme di significati in trasparenza sintetizzano il piacere interiore, ammalorato dall’anelare al gesto esoterico perfetto. Dunque il gesto frazionato è a sé stante, ma unito in maniera sinergica in una seria utilità e nel richiamo di civiltà antiche coese, mai dispersive tanto meno disperse: il lavoro stesso sulla materia opera, in fondo, la trasmutazione e ciò che avviene, nel crogiuolo mentale di Tentolini, prende coscienza nell’operazione, cosicché il mutamento di stato è la risultante di tutte le azioni. Sta qui la fortissima atmosfera e la tentazione solidaristica: vi è la possibilità, infatti, che la sua civiltà perisca interamente qualche istante prima di aver raggiunto il Fine. Tentolini lascerà tuttavia ad altri il dovere interiore della sperimentazione, ma ripartendo dal grado altissimo della spirale-labirinto a cui sembra essersi elevata la vicenda del suo spirito.

Andrea Visioli

05-04-2007